E se il problema non fosse il virus ma la famiglia?

22 Maggio, 2020

Illustrazione: Valeria Colonnella

Prima che tutto ricominci, una cosina la vorrei dire.

La dico e scrivo da pedagogista, da mamma, da umana, da ex-bambina, da memoria che possiedo e intuizioni di cui mi nutro.

Una cosina sola perchè poi si sa come vanno queste cose. E’ come quando ci convinciamo di avere una malattia, mettiamo in atto tutte le misure per curarci, stare attenti e proteggerci e al primo sintomo che si interrompe ci guardiamo intorno per valutare se qualcuno se n’è accorto e riprendiamo da dove avevamo lasciato sperando che la biretta sia ancora fresca e le patatine ancora toste.

Una cosuccia perchè a me non girano le balle per la clausura, per la ritenzione esistenziale, per il confinamento domestico, perchè penso che questa sia stata una riabilitazione.

A me un po’ girano, per l’enorme strumentalizzazione che è stata fatta sui bambini.

Non è vero che nessuno ne parlava dei bambini, forse non ne parlava Conte, non ne parlavano alcuni ministri, non ne parlava Mattarella, ma gli altri ne parlavano eccome.

Siamo stati subissati da articoli, commenti, opinioni che andavano nella direzione del “avete rovinato i bambini e ve la pagheranno cara!!”, oppure del “se i bambini stanno male è tutta colpa vostra”, ma anche “mio figlio sta impazzendo per quello che avete creato, vergognatevi!”.

Ecco, lo voglio lasciare agli atti, con profondo dispiacere per una grandiosa occasione persa per tanti di noi adulti, genitori in primis, giornalisti in seguito e pensatori assonnati per ultimi, voglio che venga protocollato il mio pensiero a riguardo.

Se qualcosa è stato insegnato ai bambini, ad una parte di loro per fortuna ma la maggioranza temo, è che il luogo che dovrebbe per loro essere più sicuro si è rivelato essere il più pericoloso in cui vivere. Quello in cui adulti impazienti e irrequieti scatenavano su di loro paura, impotenza, cecità emotiva.

La propria casa e la propria famiglia possono non essere un nido caldo e protetto e quella che sarebbe dovuta essere una villeggiatura, per alcuni si è trasformata in un sequestro di persona, perchè è proprio così, per molti l’infanzia è un vero e proprio sequestro e di questo dovremmo parlarne.

Dovremmo dircelo che le persone che dovrebbero proteggerti potrebbero essere le stesse in grado di minacciare il tuo benessere psico-fisico.

Quando i bambini andavano a scuola la colpa era degli insegnanti.

Quando uscivano era perchè frequentavano brutte compagnie.

Quando andavano dai nonni era per l’educazione arcaica.

E ora? Chi vogliamo incolpare ora?
Ma davvero vogliamo credere nella storiella che i bambini stanno male solo perchè non vanno a scuola, non possono vedere gli amici e non possono stare fuori ore e ore?
Ma davvero non ci rendiamo conto di quanto la nostra presenza impatti nella loro vite?

Un bambino che cresce si nutre dell’ambiente circostante, quella sarà l’acqua che rimpolperà la sua linfa, l’inchiostro che scriverà il suo copione, il distributore di mattoni per costruzioni esistenziali.

Da lì tutto arriva e lì tutto torna, esattamente come abbiamo visto accadere.

Se avete assistito a crisi dei vostri figli, se li avete visti strepitare e urlare, se li avete sentiti urlare “voglio i miei amici e la mia scuola”, se di fronte a tutto questo non avete colto la vostra parte di responsabilità, mi dispiace molto davvero, ve lo dico di cuore, perchè questo denota grande inconsapevolezza e l’inconsapevolezza merita rispetto.

I bambini hanno semplicemente fatto una semplicissima azione in questo periodo, quella della riabilitazione. Hanno portato a galla i nodi, hanno esposto i loro disagi, si sono ripresi i bisogni e diritti schiacciati, hanno protestato con coraggio e necessità di fronte ai loro dittatori.

I bambini hanno urlato il loro sdegno di fronte a vite in cui i genitori erano diventati coinquilini e non protettori e tutor. Hanno preso tutto ciò che potevano perchè una cosa gliela abbiamo insegnata bene, che appena possiamo ce ne sbarazziamo, e allora hanno imparato a fare il pieno e hanno tentato di placare fami ataviche di attenzioni, affetto, amore, sguardi, lentezza.

E noi non possiamo nascondere tutto questo dietro il mondo che li ha privati dei pari, non mi sembra che ci fosse la stessa preoccupazione quando era la frenesia quotidiana a sottrarli ai genitori. Non mi pare di aver letto proteste tanto accorate di fronte ad asili nido in cui i bambini entrano a 3 mesi e trascorrono fino a 10 ore al giorno con donne che non sono le loro madri. Così come non ho letto molti che denunciavano le ludoteche e spazi educativi che lanciavano pacchetti “aperitivi free” per il fine settimana, ossia tu vai a bere e a tuo figlio ci pensiamo noi, che poi tanto non si accorge nessuno che è solo 5 giorni che questa povera creatura ti aspetta, ora più ora meno cosa vuoi che cambi.

Vittime della distrazione, ci siamo completamente distratti anche da noi stessi.

Abili mentitori abbiamo riempito di bugie i nostri quartier generali.

E invece dovremmo dirglielo.

Dovremmo raccontarlo ai bambini quello che è successo quando tutto sarà finito.
Dovremmo dirglielo che non era colpa loro, non era colpa dello stato, non era colpa del virus, della Cina o dei runner.

Prima ancora delle mascherine, dei complotti e dell’antichità c’era molto altro.
C’aravamo noi, adulti, grandi, grossi e impauriti.

Dovremmo raccontargli che non avevamo strumenti, che non li conoscevamo, che ci siamo trovati dentro casa bambini che avevamo visto mille volte in fotografia e di cui avevamo parlato a chiunque ma che non sapevamo bene chi fossero e cosa stessero chiedendo.

Dovremmo farcela una domanda e farla poi a loro, “cosa non abbiamo capito?”, “cosa mi stavi chiedendo che non riuscivo a comprendere?”.

Dovremmo smetterla di fare battute di fronte a loro sul nostro desiderio che le scuole riaprano e che non ne possiamo più.

Dovremmo abilitare la percezione di cosa si provoca nel mondo emotivo circostante quando feriamo, ridicolizziamo, spaventiamo, giudichiamo.

Dovremmo ammetterlo che a tutto questo non eravamo pronti.

No, non parlo della quarantena.
Parlo dell’esser genitori, parlo del custodire la vita, parlo dell’assumersi la responsabilità delle nostre azioni, parlo del riconoscere che ogni cosa che ci dà fastidio degli altri parla molto più di noi stessi che dell’altro, parlo dell’affrontare le nostre storie personali, miracolosa chiave per la guarigione e il benessere.

Se la consapevolezza fosse contagiosa come il coronavirus, in due soli mesi saremmo tutti salvi, ogni conflitto cesserebbe e allora sì, che ciascuno di noi diverrebbe uno strumento di pace.

Il mondo si cambia un individuo per volta, ed esattamente come i recenti eventi ci hanno mostrato, il contagio può essere molto più rapido di quanto possiamo credere.

Basta iniziare da noi, e il mondo che tocchiamo si infetterà (positivamente) del nostro cambiamento e questo, sarà inarrestabile.

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