
Orfani digitali
10 Gennaio, 2021
Illustrazione: Leo Espinosa
“Spegni quel coso!”
“Eddai, ancora 5 minuti!”
Tutti prima o poi sentirete questo scambio o ne sarete protagonisti nella vostra vita, pane quotidiano per chi ha un figlio adolescente o pre-adolescente e si sa che la metà dei genitori fissa l’inizio della pre-adolescenza attorno ai 3 anni.
Genitori impietriti di fronte alle richieste esasperanti dei loro figli, bambini attratti come falene da qualsiasi cosa si accenda e produca fasci luminosi: televisori, computer, telefoni, tablet, frigoriferi.
Ma com’è stato possibile che questo accadesse?
Vogliamo credere alla favoletta della società e del mondo capitalistico infame che hanno corrotto i nostri figli? A quella dei bambini oppressori di noi genitori che non possiamo dire di no e in fin dei conti non possiamo isolarli dal mondo? O a quella dell’importanza di accedere al mondo digitale quanto prima?
Entriamo nel vivo dell’argomento esplorandolo da 3 prospettive: aspetto emotivo, aspetto neuroscientifico, aspetto pedagogico.
3 vie differenti che vedrete ci condurranno tutte verso la stessa direzione.
ASPETTO EMOTIVO
Tra le varie eredità di questa pandemia vorrei che rimanesse la nostra responsabilità e sincerità di adulti.
Vorrei che non giocassimo sporco cercando terzi responsabili della dipendenza dei nostri figli e che non peccassimo di scorrettezza dicendo che prima della pandemia questo non fosse già un enorme problema, vorrei che dicessimo che noi lo abbiamo creato.
La clausura può averlo fatto emergere in lettere di fuoco ma credetemi, era già presente.
Si dice che i bambini e i ragazzi vadano dove sentono amore, ma anche che i bambini costruiscano la visione del mondo che noi gli offriamo.
Siamo noi che li invitiamo ad un banchetto, apparecchiamo loro, posizioniamo le pietanze sulla tavola imbandita e poi ci arrabbiamo perchè mangiano e chiedono il bis di alcuni cibi che non vorremmo mangiassero, pur avendoglieli offerti noi.
Esattamente quello che avviene con la tecnologia.
Siamo stati noi i primi ad aver acceso degli schermi, ad aver posizionato tv al centro dei nostri salotti come buddha al centro di un tempio, ad aver dato loro valore di calore e serenità, (“io la sera mi voglio riposare e voglio guardarmi la tv in santa pace”).
Noi quelli che non abbiamo voluto rinunciare a questi rituali quando sono nati i nostri figli, noi che li abbiamo allattati davanti gli schermi e a tal proposito mi viene in mente l’immagine di una giovane mamma che allattava il figlio di 13 mesi mentre si guardava comodamente Psyco e con il telefono chattava (vi invito a leggere questo articolo come approfondimento: https://hundredsofbuddhas.com/2018/10/19/quando-allatti-spegni-la-tv/).
Sempre noi, quelli che gli hanno acceso le tv perchè troppo affaticati, troppo sguarniti da strumenti e li abbiamo piazzati lì davanti soprattutto nei momenti in cui loro avevano più bisogno di noi e sapete, la mente degli umani è strana e strane sono le connessioni che fa, cadendo facilmente nella trappola: “voglio i miei genitori+ho bisogno di attenzioni+non mi sento ascoltato+loro mi danno uno schermo=lo schermo è la risposta alle mie emozioni”.
Avete presente quelli che stanno da soli a casa e accendono la tv per avere compagnia pur senza guardarla? Ecco, questo meccanismo qui è quello che instilliamo noi nei nostri amati piccoli bambini.
Siamo stanchi, siamo affamati di tempo per noi, siamo sfibrati dalle giornate e infuriati perchè no, non lo avevamo capito che sarebbe stato così difficile crescere dei bambini e allora diamo loro dei sostituti genitoriali (a questo proposito sottolineo che esistono modi per sbloccare tutto questo meccanismo).
Ricordate? I bambini vanno dove sentono amore.
Li abbiamo allontanati da noi, resi degli orfani del nostro esserci e loro ne hanno attinto all’unica fonte alternativa che abbiamo offerto.
Prima i cartoni, poi i videogiochi, poi le chat e infine i social.
Amore, questo cercano.
ASPETTO NEUROSCIENTIFICO
Avrete tutti sentito parlare della definizione nativi digitali.
Nel 2001 si è imposto questo termine, coniato da Mark Prenksy.
Definizione criticata, rivisitata ma che ha prodotto per parecchi anni la sensazione che questi bambini nascessero con delle facoltà superiori in ambito tecnologico. Ricordate i video che giravano tempo fa di lattanti che utilizzavano touchscreen? Ricordate le infinite applicazioni per la primissima infanzia dove tocco un elemento e succede qualcosa? Ricordate i terribili giochi per neonati che simulavano smartphone?
Ecco, i nativi digitali.
Ce la siamo ciucciata tutta questa retorica quando invece la più corretta sarebbe quella di orfani digitali.
E vi spiego perchè.
I bambini costruiscono ed edificano loro stessi e la percezione di mondo interagendo con questo, loro toccano qualcosa e questo si sposta, loro tirano e qualcosa cade, loro sbattono e qualcosa si rompe, loro fanno qualcosa di divertente e il mondo circostante ride.
Questo funzionamento è sostenuto dalla produzione di dopamina da parte del cervello, l’ormone del divertimento e del piacere. Quello che ci fa dire “ancora! Ne voglio ancora!! Fammi ancora il solletico, corrimi dietro ancora, giochiamo ancora a palla!”.
Questo è anche l’ormone della ricompensa, della gratificazione, regola la motivazione personale, la memoria, l’apprendimento e la concentrazione.
Quando i bambini guardano un cartone divertente il rilascio di dopamina aumenta.
Quando giocano ad un videogioco che li gratifica o fornisce ricompense il rilascio di dopamina aumenta.
Quando uno schermo dice loro “bravi, bravissimi!!” il rilascio di dopamina aumenta.
Quando chatto e qualcuno mi fa sentire visto, amato, apprezzato il rilascio di dopamina aumenta.
L’effetto che questo produce è molto simile a quello della dipendenza da sostanze stupefacenti, ecco perchè quando spegniamo uno schermo la reazione del bambino può far supporre la necessità dell’intervento di un esorcista.
Stiamo stoppando il rilascio di dopamina, stiamo creando una riduzione del flusso del piacere.
Un po’ come se qualcuno durante un amplesso arrivasse e vi dicesse “Adesso basta, tempo scaduto, fermi tutti rivestitevi e ognuno a casa sua!”.
Questo non significa che vi esorto a non interromperli, no.
Piuttosto a non spaventarvi o precoccuparvi per la loro reazione, è assolutamente adeguata a quanto sta avvenendo e alle forze in circolo.
ASPETTO PEDAGOGICO
Questo riguarda più la questione genitoriale educativa in senso stretto, ossia quella che definisce la qualità e quantità della nostra cassetta degli attrezzi, di quegli strumenti di cui ci dotiamo per gestire le situazioni con i nostri figli.
Un primo punto importante è: non è difficile essere genitori, è difficile esserlo senza strumenti.
È difficile esserlo senza aver riaperto la propria storia ma lasciando che questa ci trascini dentro ferite vecchie che nascondiamo dietro il nome “mio-figlio-mi-fa-prendere-un-colpo”.
E se abbiamo pochi strumenti, se una parte di noi teme l’infanzia noi con questi figli non sappiamo che farci, non sappiamo dove collocarli, come interagirci, come costruire un rapporto basato sull’autenticità.
Ci spaventano, loro e le loro richieste che non capiamo e quando lo fanno accettiamo la risposta che il mercato illusorio e malato ci propone: “ACCENDIMI!!”.
Li abbiamo visti nei ristoranti, li abbiamo visti alle riunioni, li abbiamo visti nelle case, nei passeggini e nei carrelli. Bambini che venivano sedati con un semplice clic.
Allora non lamentiamoci se poi a 8 anni non vogliono più stare con noi e si chiudono in camera a giocare, li abbiamo feriti, allontanati, ammutoliti e quelle saranno le conseguenze della nostra relazione, non della società.
Se siete arrivati fin qui, adesso dei consigli pratici ve li meritate tutti, una piccola lista da copiare su dei post-it e attaccare sul frigo, o sul cruscotto. Appunti da copiarsi a penna sul braccio o tenerseli come screensaver del telefono.
E poi, continuate a giocare con i bambini, sempre, che essi abbiano 2, 8 o 13 anni.
Continuate a curare la relazione, annaffiatela, cambiatele il vaso, concimatela, parlatele e non date mai nulla per scontato e ricordate che la prima cosa che dovreste chiedervi quando i bambini prediligono uno schermo alla vostra presenza è: quanti segnali ho inviato di presenza, accoglienza a questo bambino per riuscire a dar lui la sensazione di protezione e amore?
Se saranno degli orfani digitali saremo noi a stabilirlo, ogni giorno, per molti anni.
E adesso forza, spegniamo tutti questi schermi, corriamo da loro, costruiamo una casetta sul divano con i cuscini, facciamo un pic nic con i popcorn mentre gli insegniamo a giocare a briscola allenandoci per la prossima gara a coppie che verrà organizzata dal più vicino circolo degli anziani non appena saremo di nuovo nelle condizioni di vivere ciò che conoscevamo del mondo di fuori.
In attesa di questo, quello di dentro, è già perfetto.
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