
Nonni-genitori-nipoti: Il TRIANGOLO NO!!
17 Gennaio, 2021
illustrazione: https://www.richardcolmanart.com/
Pilastri delle famiglie, radici dell’umanità, custodi della memoria, rocce della società, creature da ringraziare e proteggere.
Belli bellissimi i nonni, ma con le dovute misure e presi con le pinze, con le giuste distanze, la quantità giusta di metri o miglia, le giuste regole e limiti.
Se è vero che tanto possono dare, che infinite sono le loro risorse e valori è anche vero che non dobbiamo scadere nel romanticisimo e dobbiamo considerare alcuni piccoli processi psichici che intervengono a migliorare, o peggiorare, il triangolo nonni-genitori-figli ed ecco che improvvisamente è chiaro a cosa si riferisse Renato Zero.
Perchè i problemi scattano proprio quando quella che dovrebbe essere una linea retta diventa un triangolo.
Per spiegarvela partiamo dalla linea retta.
Immaginate le generazioni che si susseguono come se fossero in fila su di una retta infinita che partendo da sinistra si muove verso destra, a sinistra il passato e a destra il futuro e sopra disposte in ordine le generazioni: NONNI-GENITORI-FIGLI e così avanti e indietro.
Ogni generazione si mette di fronte alla precedente, quest’ultima le copre le spalle, le dà energia e sostiene la successiva verso il futuro, la incoraggia a prendersi la sua vita, a dirigersi con coraggio e fiducia verso l’ignoto che si dispiega giorno dopo giorno.
Questa linearità potrebbe però essere minacciata e interrotta da dinamiche familiari non completamente chiuse e risolte.
Se io genitore ho ancora tensioni con i miei genitori ecco che la linea retta inizia a muoversi, a prendere una nuova morfologia e allora il triangolo no! Non l’avevo considerato e non lo vorrei grazie.
Il triangolo avviene quando il genitore, ancora in attesa di qualcosa dai suoi genitori (amore, scuse, spiegazioni, verità, risposte, umiltà, autocritica) da quella linea retta cambia direzione e si gira a guardar loro, dando le spalle al figlio e quello che lui farà sarà disporsi accanto al genitore per cercare presenza e conforto.
Ecco il triangolo: a quel punto non è più chiaro chi sia il genitore e chi il figlio in questa trangolazione di ruoli, che può diventare pentagonale, esagonale o dodecagonale se ci mettiamo in mezzo anche le dinamiche non risolte dei nostri genitori con i loro ecc..
Quando anni fa iniziai a fare la pedagogista di fronte alle mille lamentele dei genitori verso i loro di genitori, colpevoli di dare cioccolate di nascosto, accendere la televisione o comprare terribili giochi consumistici in edicola ho iniziato a risalire la corrente e sentire il parere di questi terribili nonni capaci di nefandezze inenarrabili (a detta degli altri) per capire il loro punto di vista.
La prima cosa che mi aveva colpito era stata la lucidità e la capacità di leggere e condividere con sincerità la genitorialità che si era messa in campo e la disarmante onestà nell’affermare: “con i miei figli ho sbagliato delle cose, ai miei nipoti dò tutto quello che non sono riuscito a dare”. Frase che in realtà con una differente declinazione anche i genitori pronunciano “ai miei figli darò tutto ciò che non è stato dato a me e che mi ha fatto soffrire”.
Ed eccolo ancora questo triangolo, in cui un bambino si trova al vertice di due forze che convergono verso di lui, che spingono, che esercitano, che desiderano qualcosa che attiene alla loro relazione, che, in quanto irrisolta, si riversa su un terzo.
Il bambino si trova strattonato tra due forze in gioco e non capisce bene chi deve prendere come punto di riferimento, riceve come informazione del rapporto genitori-figli che questo può essere contraddistinto da conflitti e tensione e si ritrova a svolgere funzioni che non gli appartengono. Spesso queste dinamiche sono infatti più forte laddove i nonni abbiano un senso di colpa verso qualcosa che hanno fatto o non fatto, dove ci sono storie di bambini non nati o morti prematuramente, dove ci sono storie di genitorialità non concluse e allora un bambino in campo torna utile al gioco psichico, dove ci sono bambini nati di un sesso atteso da generazioni (un nipote maschio dopo svariate figlie femmine o viceversa).
Per aiutarvi a capire se fate parte di questo gioco psico-geometrico, provate a rispondere a questo semplice quiz, se totalizzate un numero di risposte positive superiori al 50% allora mi dispiace ma ci siete dentro, se superate l’80% riceverete anche una maglietta di Renato Zero e verrete di default iscritti al suo fan club.
Che voi adesso abbiate vinto la maglietta o no, io qualche consiglio di sopravvivenza lo darle a tutti, anche se più scrivo più mi rendo conto che vorrei dirvi tante di quelle cose che ho già aggiunto il libro “Nonno Napalm” alla lista dei libri che vorrei scrivere.
Sarò sintetica, la solita lista finale che fa tanto l’effetto della batteria finale di fuochi d’artificio alla festa del patrono della città.
Infine per tutti, siate empatici e riconoscete che dietro ogni incapacità di ascolto, di affermazione, di riconoscimento c’è un dolore.
Non vi dico di farvene carico, osservatelo solo, lasciatelo alla persona, non fatevene carico.
Ricordate che i bambini non sono venuti per salvare le nostre infanzie ferite e le nostre genitorialità ammaccate, saremmo molo disonesti e poco rispettosi verso quelle vite che tanto adoriamo. A ognuno il suo posto, ad ognuno la sua storia.
Siate dei nonni splendenti, consapevoli e liberi.
Non colmate vuoti attraverso i vostri nipoti. Accettate il presente per quello che vi porta e sentiate attraverso i figli dei vostri figli il piacevole solco del tempo che da grande scultore modella ed assembla meraviglie che solo se togliamo i veli delle costrizioni familiari e dei carichi presi inconsciamente potrete vivere appieno.
Nessuno nasce per sopperire il dolore di qualcun’altro. Se spezziamo questo saremo liberi. E adesso costruiamo tutti insieme galeoni lego!
E però adesso sorge una più grande e insormontabile domanda: si ma chi li paga?
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