
scuole di libertà o scuole di controllo?
19 Dicembre, 2018
Un’attenta osservazione della realtà attuale sta creando in me una riflessione riguardo il concetto di libertà, e il senso delle tante scuole che si ispirano a questo altissimo valore che stanno aprendo da più parti e delle famiglie che decidono di iscrivervi i loro figli. Chiarisco subito il punto che sono ben lieta che questo stia avvenendo, è un segnale di cambiamento e i cambiamenti sono necessari, così come i cambi di prospettiva e idee, che permettono al pensiero di non stagnarsi e rifugiarsi dietro ideologie corazzate.
Ma non sono una tipa da trombette, cappellini di carta e coriandoli. Sono piuttosto guardinga e tendente all’osservazione distaccata.
Gestisco una di queste realtà, per anni abbiamo parlato di libertà e ad un certo punto è sorto in me un dubbio e se voglio esser onesta con me stessa, se voglio dar spazio all’etica, all’integrità e non al narcisismo non posso ignorarlo.
Il dubbio riguarda la natura delle nostre esperienze. Siamo certi che quello che stiamo perseguendo sia un desiderio di libertà e non un desiderio di controllo?
Non è che dietro le comunità educanti, i genitori che entrano a scuola non si nasconda la semplice ricerca di controllare ogni singolo aspetto della vita del proprio figlio? Chi frequenta. Chi sono i genitori dei suoi amici. Chi sono le sue maestre. Cosa fanno nella vita. Dove trascorrono il loro tempo libero. Cosa c’è nel terzo cassetto del mobile al secondo piano vicino alla finestra. Cosa c’era dentro la torta di compleanno che tizio ha portato, quali ingredienti, in che percentuale e dove sono stati acquistati. Cosa fa, cosa dovrebbe fare e cosa non dovrebbe fare. In una parola sola: C O N T R O L L O.
Controllo cosa mangi, controllo cosa vedi, controllo cosa pensi, controllo la tua morale, controllo controllo e intanto ti dico che, figlio mio sei libero. Vola tesoro, spicca il volo verso il tuo futuro!! ma stammi vicino…. Non è che le nostre realtà stanno coltivando una nevrosi generale? La spasmodica e ossessiva costruzione di recinti, gabbie dorate, mongolfiere zavorrate. Ho impiegato un po’ per comprenderlo, l’ho capito grazie a dei genitori incontrati in giro per l’Italia durante dei corsi. L’ho capito quando ho iniziato a raccontare in giro che stiamo lavorando all’apertura di un residenziale per adolescenti, tipo Summerhill per intenderci. L’ho capito quando entusiasta del progetto lo raccontavo ad un pubblico sbigottito che mi ha risposto con frasi tipo “e io che l’ho fatto a fare mio figlio se viene a vivere a scuola?!”, “no, io non lo manderò mai, mi mancherebbe e poi deve stare con me, è mio figlio”, fino alle risposte più eclatanti tipo “ma se mio figlio va via dopo rimango sola con mio marito…”.
Ed è stato lì che ho percepito un’allucinazione collettiva.
Apriamo scuole diverse, facciamo arrampicare i bambini sugli alberi piuttosto che inchiodarli ad una sedia, abbiamo foglie di banano invece di quaderni, mangiamo tofu invece di carne d’allevamento intensivo, sfuggiamo dalla scuola statale che ci vuole controllare e quello che facciamo è ricreare controllo. Forse perché è l’unica cosa che conosciamo. La mia non è un’invettiva contro le scuole che aprono nei fiumi, nei boschi, negli istmi, nei guadi o nei salotti imperiali. Il mio è un timido esercizio di lucidità, di pedagogia della banalità che scuote la parvenza della normalità per scoprirne lo scheletro.
E’ un bisogno di verità, è la sola cosa di cui abbiamo bisogno, la libertà ne è la conseguenza diretta.
Volere un figlio selvaggio che corre scalzo e bacia rospi, non è distante dal desiderare un figlio che si laurea alla Bocconi. Il comune minimo denominatore è l’aspettativa e il controllo affinché la realtà si avvicini il più possibile a come l’avevamo immaginata.
I bambini non hanno bisogno di qualcuno che gli permetta di essere, i bambini sono già. La vera sfida educativa del nostro secolo sono gli adulti, che rivendicano la loro libertà ma pretendono che siano i loro figli a combatterne la battaglia verso la conquista. La vera sfida sono gli adulti che non sanno cosa fare, che vogliono riscattarsi da una vita ingrata e vanno ad insegnare o aprono scuole.
La vera sfida sono i genitori che professano tolleranza, apertura, animo libero e puro e passano ai loro figli il messaggio che tutto attorno a loro è indegno della loro consapevolezza e creano altezzosità e intolleranza.
La vera sfida siamo tutti noi grandi, maturi, saccenti uomini e donne che continuiamo a dire ai bambini cosa devono fare senza renderci conto che esiste sì una disparità, ma che probabilmente al livello più basso siamo noi a stazionare.
Forse nel momento in cui ammetteremo che dietro la libertà che agogniamo si nasconde un perverso desiderio di controllo, forse allora saremo un passo più vicino alla verità, e la verità è l’unica cosa che rende liberi. Non importa il setting della scuola, quello è design, architettura, fumo negli occhi.
Abbiamo bisogno di sguardi vispi, di menti pronte a virare rapidamente di fronte ai precipizi, di cuori caldi, di celebrare i lutti delle nostre infanzie perdute e omaggiare la vita che avanza.
Noi siamo già polvere, loro sono scintille.
Continuiamo ad aprire scuole, con sincerità, con rispetto, con amore verso ciò che non abbiamo avuto ricevuto quando eravamo piccoli e che nessun’altro potrà darci ora, perchè è un nuovo tempo, quello della maturità, di dare e non pretendere più.
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