
La pedagogia del gossip. Sì, anche io parlo di Fedez e Ferragni, ma non come credete.
01 Febbraio, 2025
01 Febbraio, 2025
Illustrazione: Fern Choonet
La pedagogia sta bene con tutto.
Con la scuola, la famiglia, la gestione di un’azienda e talvolta con il gossip.
Questi giorni anche io mi sono imbattuta nel bagno di accuse, dichiarazioni, disvelamenti che nei social imperversano con grande aggressività e schieramenti feroci.
Sembra che sia stata gettata una bistecca sanguinante in una vasca piena di squali affamati.
In mezzo al vorticare delle bestie, chi può, strappa brandelli di carne, dove riesce.
Non è più chiaro chi abbia iniziato, chi sia moribondo e chi si stia realmente nutrendo.
La pedagogia sembra distante da queste tematiche se volete ridicole, culturalmente scarne, eticamente discutibili, comunicativamente imbarazzanti.
Eppure la pedagogia c’entra molto più di quel che possiate immaginare.
E non solo perché qua in mezzo ci sono tanti bambini che assistono al teatro surreale dei loro genitori, alcuni troppi piccoli per capire, altri troppo grandi per ignorare, ma perché ognuno degli attori protagonisti è stato un bambino a cui è successo qualcosa per diventare tale.
Quando dico tale, intendo un adulto perduto.
Perché non si può certo dire che sia in un luogo sicuro interiore chi si sta esponendo o viene esposto in questi giorni.
Dobbiamo smetterla di indignarci per le azioni degli adulti perché il problema è molto più ampio.
Anzi, possiamo continuare a indignarci, ma non senza aver capito per cosa lo stiamo realmente facendo.
Proviamo ribrezzo per aver assistito alla messa in scena di un amore sbandierato su ogni social, brevettato e marchiato? O per averci creduto? O forse ci ricorda l’amore dei nostri genitori che sembrava perfetto ma in fondo lo era davvero?
Proviamo rabbia per chi ha tradito tra i due famosi o per chi ha tradito noi e grazie alla storia dell’altro possiamo scaricare a terra le nostre ferite? E al contrario, quando giustifichiamo il gesto, chi stiamo realmente giustificando?
Rabbrividiamo perché qualcuno ci dice di guadagnarci sopra un pacco di soldi o ci vergogniamo che siamo proprio noi a darglieli perché in quella vasca di squali ci siamo anche noi?
Magari pesci minori ma pur sempre complici.
Chi non ha strappato pezzi di viva carne, non ha forse raccolto qualche briciola caduta sul fondale?
Chiara e Fedez sono gli archetipi moderni delle dinamiche familiari corrotte e disfunzionali.
Stanno diventando leggenda, mito da narrare, Adamo ed Eva, Narciso e Boccadoro, un’epopea contemporanea destinata a bucare lo spazio tempo ma non certo per i motivi che si erano prefissati.
Il sogno della famiglia irreale è presto infranto se non fai i conti con i tuoi demoni che sono sempre dentro casa e raramente fuori.
Quello che hanno generato sembra inarrestabile, stanno diventando esperimento sociale di se stessi, un sacrificio moderno. Forse passeranno da Harvard a qualche manuale di psicoterapia.
Ma se cerchi la fama a tutti i costi, questi possono essere davvero molto creativi e inaspettati.
Non voglio parlare di loro, ma da loro partire per tornare a noi.
A noi che guardiamo, leggiamo, anche poco fa il mio vicino di treno stava guardando le stories di Chiara e ieri al bar da un tavolo all’altro si lanciavano frasi come “Je piacene i tatuati a quella!”.
Siamo davvero diversi noi?
Proviamo a fare la radiografia della loro storia e vediamo chi è diverso.
Due ragazzi che, ognuno a modo suo, volevano avere successo.
Due ragazzi con le famiglie sempre dietro, con due madri presenti, forse troppo, che mettono bocca (certamente anche conforto) ma non certo l’esempio di due madri che hanno fatto un passo indietro rispetto ai loro figli.
Due ragazzi che forse hanno bruciato le tappe, confondendo l’innamoramento con l’eternità.
Due ragazzi che hanno fatto figli, forse senza troppo sapere che significasse.
Due ragazzi che nonostante questo hanno continuato a non cambiare le loro vite, a piazzarli davanti a televisioni enormi prima che riuscissero a camminare.
Due ragazzi che hanno iniziato a soffrire ma senza dirselo o se se lo sono detti, senza farci realmente qualcosa, c’erano aspettative forti, copioni da rispettare, azioni da far fruttare.
Due ragazzi che sono andati avanti per inerzia finché i corpi non hanno iniziato a parlare.
Due ragazzi che hanno tentato di trovare la felicità con facili illusioni, fino a rimanerne sommersi continuando a muoversi alla cieca.
Due ragazzi che nella sofferenza hanno agito peggiorando la situazione e nel tentativo di proteggere loro stessi hanno detto di farlo per i figli senza ovviamente riuscirci.
Due ragazzi che di certo non se la stanno passando per niente bene, che forse usano aiutini farmacologici per riprendersi, che più lottano per tornare a galla più sembrano affondare.
Ecco, quanti potrebbero davvero dire di essere diversi da alcune di queste situazioni?
E qui torniamo a noi.
La mia riflessione è che abbiamo tanto bisogno di educazione sentimentale.
Non possiamo più arrivare ad avere quasi 40 anni e non aver capito nulla dell’amore, di noi stessi.
Non possiamo più fare bambini e metterli in mezzo a queste guerre civili, fuochi incrociati e mitragliatrici emotive impazzite.
Non possiamo continuare a fidanzarci, avere amanti, sposarci, avere amanti, fare figli e avere amanti.
Distruggerci nella sofferenza della separazione, inventare castelli di menzogne e intanto i nostri figli ci guardano, ci studiano e imparano.
Ricordatevi che se non ci assumiamo la fatica che tutto questo comporta, un giorno assisteremo impotenti e addolorati alla loro sofferenza, che altro non sarà che un eterno ritorno alle nostre vite sospese nell’incapacità di affrontarci, proprio noi stessi intendo.
Non vorrei mettermi a fare la profeta da bar, ma se non interverranno risorse emotive importanti e potenti strumenti terapeutici, temo che quelle che stiamo crescendo altro non siano che bombe a orologeria.
Abbiamo bisogno di una grande educazione sentimentale, ma non quella che si delega a qualcuno o che si pretende dalla scuola come nuovo ennesimo progetto da inserire in un curricolo già fin troppo bulimico.
Ma un’educazione sentimentale degli adulti, che possano dirsi con tutta quella libertà che vanno cercando e raccontando: “non lo so cos’è l’amore, so solo che mi sento tanto solo. Mi ritrovo così in situazioni sempre più deliranti, perdo energie e sono sempre più confuso“.
Davvero avete bisogno di dare 5 euro a Fabrizio Corona per ascoltare la telefonata tra un uomo e una donna nel pieno della loro sofferenza e confusione?
Non si chiama cannibalismo forse?
Spesso in quel concetto che chiamiamo amore c’è di tutto, soprattutto la relazione che abbiamo avuto con i nostri genitori, gli abbandoni a cui ci hanno esposti, la loro confusione infinita nel capire cosa volevano e le nostre preghiere notturne “fa che non si lascino“, “fa che non chiami ancora quella signora che vuole parlare con papà“, “fa che la mamma la smetta di uscire la notte“ e così via.
Leone e Vittoria manco a dirla sono due vittime della fame dei loro genitori e di chi gli è accanto.
Anche loro solo simboli, Cristi che raccolgono in sé infinite storie simili, la differenza è che di loro conosciamo volti, abitudini, nomi.
Che non andavano esposti sin dall’inizio va detto .
Loro e tutti i bambini ogni giorno postati sui social.
Non sono gagliardetti, trofei.
Cazzo fate le campagne sul consenso, sui diritti delle donne quando gli stessi diritti non li riconoscete ai bambini?
Non potete rabbrividire per un femminicidio e poi postare dopo due minuti le foto di vostro figlio!
Lo state progettando per essere vittima, sistematicamente.
E badate bene a non estrapolare questa frase ma comprenderla nel suo significato simbolico, anche di tanta comprensione del testo abbiamo bisogno oltre che di educazione sentimentale.
Non c’è possibilità di consenso consapevole o informato in un bambino alla domanda “che ne dici tesoro mio bello, vogliamo pubblicare le tue foto mentre cucini, dormi, mangi, caghi, nasci, piangi, soffri?”.
Saranno loro a decidere da grandi quali foto e momenti pubblicare, come facciamo noi nei momenti nostalgici e pubblichiamo quella foto in cui spadellavamo il gatto in cucina, o quella in cui rincorrevamo la cugina con un forcone, e tutti giù a ridere.
Se vorranno, saranno loro a parlare di se stessi, come anche noi d’altronde ogni giorno facciamo.
Un bambino non può scegliere di esporsi, e va da sé che l’esposizione la subisce.
Questo si può definire anche abuso.
Abuso di immagine.
Abuso di fiducia.
Abuso di amore.
E guarda un po’, che se nell’abuso di ficca l’amore e i miei mi espongono a situazioni deliranti come quelle che stiamo vedendo, secondo voi cosa succederà? Ma poco prima ho a grandissime linee lanciato spunti.
Ho molte ipotesi rispetto alle dinamiche relazioni e familiari di Fedez, Ferragni e Corona, partendo dalle loro infanzie con le quali ci hanno riempito di dettagli e informazioni e io faccio la detective delle infanzie smarrite.
Ho la perversa abitudine di leggere le biografie di molti personaggi, vivi e morti.
Talvolta vivi e morti insieme senza che se ne siano accorti.
Quindi anche le loro di biografie ho approfondito.
Osservo le immagini, le uscite pubbliche, i post, la presenza dei genitori e in quali ruoli, i commenti e le vicende.
Ma non sono impavida come Corona nel lanciare le mie riflessioni all’ampio pubblico, perché temo le denunce, temo le ricadute nella mia vita privata e professionale e quindi non mi lancerò in ipotesi sulle loro dinamiche infantili che li hanno portati qui, sotto le luci da cui li osserviamo tutti.
Perché mi pare di aver capito che vogliono che se ne parli delle loro vite, ma solo come dicono loro.
E io voglio fare la pedagogista, non la generatrice di caos.
Il punto è che noi a queste persone diamo spazio, perché queste persone siamo noi, solo con meno follower e soldi, ecco.
Siamo poracci e nessuno ci si fila, ma forse nelle stesse condizioni avremmo agito similmente.
Per questo dobbiamo essere attenti e lucidi.
Perché il terreno familiare è spesso simile.
Ci si nasconde, ci si fa male ci si accusa, quando vorremmo solo dirle a babbo e mamma quelle cose ma loro, come potete ben vedere, sono intoccabili, soprattutto se, come in alcuni casi, ci gestiscono soldi, contratti, soldi e ambizioni.
Per evitare che questo articolo rimanga un sermone tra tanti e fine a se stesso, e poiché ho una deformazione professionale derivata dal mio lavoro da maestra, vi lascio una piccola lista che tanto mi ricorda la passione di Alice Miller per gli elenchi.
1. non pubblicate foto dei vostri figli costantemente. Una ogni tanto (tipo una all’anno) non lo trovo qualcosa di folle, ma l’uso costante per ricevere amore con i vari cuoricini che si accendono anche no. Lo facciamo per noi, e li stiamo usando. Lo sappiamo che è questo, nessuno vi giudica, condoniamo tutto quel che è fatto ma adesso basta davvero. Non ce lo possiamo più permettere.
2. smettete di seguire tutti quei profili che non fanno altro che postare bambini. Loro vivono, guadagnano, accumulano esponendo i loro figli e possono farlo perché dispongono di un telefono, ma soprattutto perchè qualcuno li segue. Il telefono non glielo possiamo bucare, ma il segui glielo possiamo togliere.
3. i 5 euro di cui sopra, investiteli in una colazione da offrire ai vostri genitori. Portateli al bar e chiedete loro di raccontarvi la loro vera storia d’amore, quella segreta ma necessaria da capire. Pucciate nel cappuccino i segreti che nessuno si porterà mai in tomba ma che aleggeranno su di voi, brindate alla libertà narrativa, spalmate sopra il burro la verità che vi libererà tutti e renderà capaci di conoscere finalmente l’amore.
4. se siete in coppia e le cose non vanno, non aspettate un’altra pandemia per far esplodere la questione che di silenzi e non detti ci si ammala e, talvolta, ci si muore. Il problema non sono i virus ma la melma che tratteniamo.
5. ricordatevi che la paura di morire è un ottimo motore per cambiare, lo vedete ogni volta che qualcuno sta veramente male e desidera vivere intensamente e nella piena verità.
Ecco fingete che tra una settimana morirete e diamine amate davvero, prima di tutto voi stessi perché ogni volta che mentite state solo tradendo voi stessi. Tradite chi siete, i vostri reali desideri, i vostri reali sentimenti. Ditela a voi la verità, amatevi, gridatevi passione e fate l’amore con la vostra speranza di vivere ora la vita che avete sempre sognato.
Per parafrase un motto che tutti conoscete, se non ora che siete vivi, quando?
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